Giusi Arimatea

TEATRO

ALFA E OMEGA

Partendo dal progetto drammaturgico di matrice pirandelliana “La morte addosso”, Maria Milasi e Domenico Loddo hanno scritto a quattro mani un testo, “Alfa e Omega”, che ingegnosamente esplora i fondali della psiche femminile, eludendo stereotipi e omologazioni, piuttosto rinvenendo nell’anomalia la presumibile chiave di lettura dell’umano sentire.
Alla fermata del bus 27, dimensione spaziale che assurge a metafora di illusoria dimora esistenziale, una donna delega agli psicofarmaci la ricerca della felicità e con gli effetti collaterali del foglietto illustrativo prova a discolpare il dolore. Un impermeabile giallo, un abito di seta azzurro e un fiore rosso tra i capelli a denunciarne l’eccentricità, parole su parole a dichiarare dolcemente il malessere. Un’attesa vana la sua. Ché in quell’anfratto di mondo non passano treni, ché lì persino gli autobus non si fermano. Ché il 27 è la grande menzogna del vivere.
Viene dall’Est la donna che le si avvicina, dapprima sputando il proprio disappunto verso tutto ciò che è cinese poi via via allargando i confini della ripugnanza, fino ad abbatterli. Con il cinismo e il materialismo di chi sulla strada è giunto alle medesime conclusioni dei filosofi esistenzialisti. Respingendo la morale, la fede e il senso della vita.
Il vortice che ha risucchiato le due donne è lo stesso. Cambiano le dinamiche, cambia la maniera di avversare il dolore, cambiano i rimedi, le visioni. Il capolinea è però lo stesso. E da lì pare non si riparta più.
Attraverso un dialogo ossimoricamente costituito da drammatici monologhi si dipanano due storie, cui il beffardo destino ha riservato di intersecarsi. Sulle prime i due universi sembrano diversissimi. Fioccano allora la scelleratezza delle parole, l’aridità del biasimo, la miseria dell’infingimento di maniera.
L’una ha cercato la spiegazione nei libri, l’altra nella vita. Entrambe le donne non l’hanno trovata. Non v’è salvezza, non v’è scampo, non v’è modo di dribblare l’angoscia vivendo.
Resta allora la cognizione del dolore, quella certezza che ad Alfa e Omega, principio e fine d’ogni cosa, consente finalmente di gettare la maschera, di ridere, piangere, di ballare e cantare, di maledire il prossimo e sarcasticamente ringraziare il Creatore. Ora che tutto è andato perduto. E che nulla più ha senso.
Lungi dal riprovevole pietismo, le due donne, partecipano l’una alla sofferenza dell’altra.
E se la morte di Alfa salvasse Omega, per quel macabro scherzo del destino che le ha condotte lì, alla fermata del bus 27? Poco importa. L’Est è lontano. E forse neppure esiste.
Una scrittura pungente a vivificare il dramma esistenziale e a dischiudere l’universo dei derelitti a quell’universo borghese che sull’impalcatura del benessere ha costruito le proprie prigioni. Una scansione ritmica perfetta nella regia di Americo Melchionda e un’altrettanto impeccabile performance delle due attrici, Maria Milasi e Kristina Mravcova.
La pièce “Alfa e Omega”, solo trasversalmente noir, è riuscita a oltrepassare il realismo per approdare alla verità stampata sul volto di una donna, malgrado un rossetto rosso. E un sorriso.
Dentro il puzzle delirante di due esistenze come tante è stato possibile entrare in virtù di quel miracolo che unicamente il teatro, solo certo teatro, è in grado di compiere. Va da sé il merito del Direttore artistico Stefano Cutrupi nel saperlo riconoscere.
Prossimo appuntamento della stagione estiva al Teatro dei 3 mestieri il 20 luglio con “Mamma. Piccole tragedie minimali” di Annibale Ruccello. Quattro donne diverse, di nome Maria, e il grande attore Gianluca Cesale, diretto da Roberto Bonaventura, a interpretarle.

(da Tgme.it)

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