Giusi Arimatea

TEATRO

SPISIDDE. OVVERO TI RACCONTO LA SICILIA

Arrivano scambiandosi opinioni. L’uno prolisso e l’altro lapidario nel rinvenire, senza perdersi tra i meandri della verbosità, alcune delle carenze di quella Sicilia che si apprestano a raccontare. Sono Luca Fiorino e Patrick Fisichella. E sono la lungimiranza, lo spirito di sacrificio a difettare, tra le altre cose, in quel mondo che ti si schiude innanzi non appena varchi lo Stretto di Messina. Un mondo screziato e, come tale, contraddittorio. Un mondo che si presta a essere fermato in un paio di fotogrammi di quella pellicola infinita che è la vita qui, nel profondo Sud.
L’approccio è tutt’altro che austero. Fiorino e Fisichella, con fare scanzonato, sembra debbano ancora accordarsi sul taglio da dare al loro spettacolo. Una maniera di smorzare i toni, di sfrondare di gravosità quella terra ove diventare ciò che si è, prendendo in prestito le parole di Nietzsche, risulta già una immane fatica. 
Cantano di “cristiani e sventurati” i due artisti. E, nel farlo, cantano di tutti noi. 
Traslando il più greve passato sul terreno ameno del presente, coi cervelli in fuga, con il miele di Melilli a scopo pubblicitario, finanche con un video da condividere su Facebook. Ché i versi di Quasimodo meritano d’essere recitati insieme alla platea. 
Tutto insomma perde consistenza. E tutto l’acquisisce via via che Luca Fiorino, attore e regista, si cala nelle anguste realtà di provincia che, come per incanto, assurgono a metafora di una Sicilia intera. 
“Qua si campa d’aria” costituirebbe la felice sintesi di un concetto di sopravvivenza tutto isolano, se non fosse per quell’aria che evidentemente non basta più per tutti. Per quelle bombe che non uccidono più gli indocili, ai quali spetta piuttosto la morte lenta. O l’obbligo della fuga. 
Pazzi e zitti i siciliani. D’un silenzio che è troppo spesso rassegnazione. E lì si innestano le paure. Come quella dei fulmini che ti investe in una notte estiva senza nemmeno darti il tempo di affacciarti alla finestra per ammirare il cielo più sereno e i “botti”, che tuoni non sono, per la Santissima Maria del Rosario protettrice di Passopisciaro.
Follia e silenzio, si diceva. Ché a un amico in Sicilia non hai bisogno di dire niente. Ché le scuse per uno starnuto eccedente sono superflue. E ché se ti ostini a porgerle poi muori. 
La terra resta intanto madre e matrigna. Ed effigia, alla sua maniera, l’umana limitatezza. Anche sul terremoto allora si impalcano dissertazioni sulla vita che, nella loro semplicità, celano i più ancestrali enigmi sull’esistenza. Da mescolare ai miti di questa terra sciagurata che ha sempre bisogno di eroi. 
E l’uomo? L’uomo è spisidda. È fuoco che brilla nell’aria. Per poco. Per quell’istante in cui la vita balugina. Prima di sparire per sempre. 
E “Spisidde. Ovvero ti racconto la Sicilia” è l’avvincente viaggio compiuto da Luca Fiorino e Patrick Fisichella ai Magazzini del Sale, in replica stasera alle 21. 
Sulla scorta di tutto un panorama letterario che ha fissato sulla carta il bello e il brutto di quest’isola, i due artisti hanno saputo acciuffare per strada qualche siciliano e l’hanno buttato lì, sulla scena. Un pugno di “cristiani e sventurati” a delineare i contorni di quel mondo indecifrabile che è la nostra terra.

(da Tgme.it)

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