Giusi Arimatea

TEATRO

TERRA DI ROSA. VITE DI ROSA BALISTRERI

TERRA DI ROSAdi e con Tiziana Francesca Vaccaromusiche di Andrea Balsamoaiuto regia Giovanni Tuzzafonti biografiche: "Rosa Balistreri. Una grande cantante folk racconta la sua vita." di Giuseppe Cantavenere; "Rusidda... a licatisi" di Nicolò La Perna; 188 donazioni dI R.B (libri, dischi, ricordi personali) alla Biblioteca comunale di Licata.Rosa che cantava la terra. Rosa che suo padre le diceva sempre: "i fimmini non cantunu, cantunu sulu i buttani!" Rosa che la sua terra, un giorno, l'ha dovuta lasciare. Rosa tradita, da quella stessa terra. Rosa tra fame e violenza. Rosa tra dolori e abusi. Rosa disperata. Rosa grido di speranza. Rosa di ieri. Rosa di oggi.

Passando attraverso strati e strati di memoria, la voce si imprime sul corpo. Il corpo materializza a sua volta la parola. La parola, che viene da lontano, diventa ritmo, suono, fiato. 
Così Rosa Balistreri torna a vivere sulla scena. Nel rapido montaggio dei gesti e delle parole che compongono il puzzle della sua anima, la cantautrice folk di Licata si aggira per il mondo e il mondo è tutto lì, a teatro, ove un uso non convenzionale dello spazio può includere finanche l’infinito. Ove il processo di semiotizzazione che riguarda i soggetti e gli oggetti scenici compie il miracolo di disseppellire la vita. 
“Terra di Rosa. Vite di Rosa Balistreri” è lo scavo, a mani nude, nell’esistenza di una donna spezzata dal destino, pur tuttavia destinata a ricomporsi più e più volte. Come quei vermi che si mescolano alla terra e inspiegabilmente sopravvivono, sporchi, scissi, imperituri. Ché questa era Rosa. Eterna, come la sua voce. 
L’attitudine alla scrittura teatrale di Tiziana Francesca Vaccaro qui dialoga con la capacità registica, che ella stessa possiede, di controllare e orientare formalmente il magma delle emozioni adoperando sulla scena il segno espressivo per eccellenza: il corpo. La gestualità è vivace, mescola realismo e stilizzazione. L’attrice catanese esplora e supera continuamente i propri limiti fisici e psicologici per diventare personaggio, per riversare la propria verità sull’universo altro che ha scelto di indagare. Non resta mai imprigionata dentro un’unica cifra di recitazione, contamina tecniche e linguaggi, trova le chiavi più adeguate alla trasposizione scenica. Accompagnata dalla musica di Andrea Balsamo e procedendo per stazioni. Ché la vita di Rosa è una via crucis. Ed è mille vite insieme. È il dolore che assume ora le sembianze di un figlio mai nato, ora di una sorella uccisa, ora di un padre che decide di farla finita. È il dolore dopo la violenza di un marito, di un padrone, di un prete. È il dolore che permea la vita, prima di diventare canzone. Il dolore di una Antigone che non viene capita. Il dolore che Tiziana Francesca Vaccaro scruta per iscritto da più angolazioni e che poi indossa sulla scena, come una seconda pelle. 
Lo spettacolo “Terra di Rosa”, andato in scena in quel gioiello di architettura e design che è l’LSS Theater di Polistena, è il frutto di un lungo processo di ricerca. Era necessario attraversare le stradine di Licata, giungere alla prima casa di Rosa, tastare con mano i giudizi della gente, sprofondare nella biblioteca, mescolarsi ai bagnanti della Mollarella e fuggire, per ritrovarsi su una lingua di sabbia, “il mare calmo e vuoto di corpi, la musica lontana. Silenzio”. Era necessario arrivare al cimitero di Firenze, individuare il colombaro, il luogo esatto in cui giace Rosa, accarezzarla e lasciarle un enorme girasole. Era necessario tutto questo per dare un senso definitivo al lavoro. 
Tiziana Francesca Vaccaro racconta la genesi di “Terra di Rosa” nell’omonimo libro, scortata dai disegni di Elena Mistrello. Lì convergono vita e teatro. Un esperimento riuscito che mi ha permesso di compiere non uno ma due viaggi diversi: quello di Tiziana e quello di Rosa, che diventano un viaggio solo quando la terra non oppone resistenza alla valigia che si apre e finalmente sparge la storia. 
Sul finale l’artista riavvolge per l’ultima volta il nastro. Il tipico rumore che ne conseguirebbe è tuttavia sostituito dalle parole che ripercorrono le stazioni di Rosa. Una prova attoriale di inesprimibile valore che in quella occasione si accomoda sulla vetta, per non ridiscenderne. 
Poi di nuovo la terra, poi ancora il verme “maltrattato, strappato, spezzato”. E come il verme Tiziana/Rosa a cercare pezzi di sé tra la terra. E ricominciare, una volta di più. Con gli occhi colmi di lacrime e una voce per raccontare il dolore. 
“Quannu ‘i moru cantati li mè canti / Nun lu scurdati cantatili ppi l’antri / Quann ‘i moru pinsatimi ogni tantu…” 
Tre versi che ripagano Tiziana Francesca Vaccaro d’ogni lacrima versata, d’ogni frammento sordo di terra cui ha urlato, d’ogni lacerazione interiore vissuta, con Rosa e dentro Rosa.
“Terra di Rosa” ha posto un prezioso sigillo alla residenza teatrale di Tiziana Francesca Vaccaro presso la Compagnia Dracma di Polistena, che in collaborazione con LSS Theater ha curato il format dell’evento. La partecipazione del pubblico allo spettacolo prima e alla degustazione poi suggerisce che la strada intrapresa sia quella giusta; si auspica, pertanto, l’organizzazione di nuove serate all’insegna di quella “bellezza” cui si è riferito in apertura il direttore artistico Andrea Naso.

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